G
IOVANNA
V
ENTRONE
V
ASSALLO
Ceramica islamica / Islamic Pottery
vegetal and abstract repertoire with references mainly
to the Iranian Sasanian iconography – were followed by
wares decorated in a bichrome or monochrome palette,
certainly also for economic reasons, depicting animal
as well as human figures, though extremely stylized and
almost ‘grotesque’ (Scerrato 1968: 8-13).
MO84 can be attributed to this period, on which the
bichrome lustre palette, in yellow and dark brown,
though currently worn away with time, highlights the
painted decoration of radial panels, with geometric
motifs, such as the dashes and the dotted circle
referring to the ‘peacock eye’, which characterise the
early Iraqi production, as also does the grey opacifying
glaze (Tamari 1993: 140). The attribution of this bowl
to the 9th century workshops, although it is not among
the highest quality examples, is supported by some
close comparative samples, such as the bowl
published by Grube (1976: 52, no. 16), on whose
outside we find the same decorative pattern of dashes
and circles, and the bowl with a vivid reddish lustre
of the Istitut du Monde Arabe (IMA) in Paris, whose
attribution to Iraqi rather than Iranian production is
still doubtful (Moulierac 1999: 90).
Finding refuge in Egypt at the end of the 10th century,
the Iraqi potters produced here a highly remarkable
production spanning the entire period of the Fatimid
dynasty (969-1171), as witness not only the rich
collections of the Museum of Islamic Art in Cairo, but
also, in Italy, the numerous holdings of the International
Museum of Pottery in Faenza.
Imitations of Mesopotamian lustre
(MO86)
Iranian territories; 10th-11th century.
Lustre appears in Iran comparatively later, that is, only
during the second half of the 12th century and, quite
surprisingly, in conjunction with a period of weakness
of the Seljuk dynasty (1050-1250), which corresponds
to the time when potters left Egypt where the
un repertorio vegetale e astratto che si riferisce molto
all’iconografia iranico sasanide, seguono altri in due o
in un solo tono, di certo anche per questioni
economiche, sui quali vengono impiegati motivi
animali nonché la figura umana, sebbene estremamente
stilizzata e quasi ‘grottesca’ (Scerrato 1968: 8-13).
Aquesto periodo si può ascrivere la coppa MO84 sulla
quale due toni di lustro, in giallo e in bruno/marrone,
seppure assai smorzati dal tempo, danno risalto a una
decorazione dipinta a settori radiali, con motivi
geometrici, come il tratteggio e il cerchio puntinato
riferibile all’‘occhio di pavone’, caratteristici della prima
produzione irachena alla quale riconduce anche il colore
grigio della vetrina opacizzante (Tamari 1993: 140).
L’attribuzione di questa coppa alle manifatture del IX
secolo, pur non essendo tra gli esempi di migliore
qualità, è confortata da alcuni confronti assai prossimi,
come la coppa pubblicata da Grube (1976: 52, n. 16)
sulla quale inoltre ricorre all’esterno lo stesso tipo di
ornato con tratti e cerchi e la coppa con un vivace lustro
rossastro dell’Istitut du Monde Arabe (IMA) di Parigi,
sulla cui origine irachena piuttosto che iranica sussiste
ancora qualche dubbio (Moulierac 1999: 90).
Rifugiatisi alla fine del X secolo in Egitto i ceramisti
iracheni vi eseguirono esemplari assai notevoli durante
tutto il periodo della dinastia fatimide (969-1171),
come si può ammirare oltre che nelle ricche collezioni
del Museo di Arte Islamica del Cairo, anche in Italia,
nelle raccolte copiose del Museo Internazionale delle
Ceramiche di Faenza.
Imitazioni del lustro mesopotamico
(MO86)
Territori iranici; X-XI secolo.
Il lustro compare tardi in Iran, solo nella seconda metà
del XII secolo e, stranamente, in concomitanza con un
momento di debolezza della dinastia selgiuchide
(1050-1250) al quale corrisponde l’esodo dei ceramisti
dall’Egitto dove ai Fatimidi sono succeduti gli
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