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Museo Orientale ‘Umberto Scerrato’
Ayyubids (1171-1250) had succeeded to the Fatimids.
Until then, the Persian potters had just imitated the
decorative repertoire of the Iraqi products, as witness,
for example, the bowl with a deer from the MNAO in
Rome (Scerrato 1968: 32, 33, no. 182), the bowl
featuring Zahhak, a legendary Iraqi personage,
preserved at the IMA in Paris (Moulierac 1999: 99),
but also the small bowl MO86. The latter is decorated
with an imaginary bird with a vine-branch hanging
from the beak, surrounded by a festooned rim, a
recurrent characteristic of the Mesopotamian lustres.
Slip painted wares
Eastern Iranian territories; 10th-11th century.
The problem of the blurring of colours as a consequence
of the lead fluidization during the firing was successfully
overcome thanks to the efforts and creativity of the
Persian potters who operated between the end of the 9th
and the 10th century in the north-eastern provinces of
the Iranian territories, at that time ruled by the Samanids.
By mixing the colourants with the very fine clays which
composed the slip it became possible to prevent the lead
from dragging the colours during the vitrification, thus
obtaining ornaments with well-defined contours. This
technique, called slip painted in literature, can be by far
considered as one of the most interesting innovations –
together with lustre – which the Islamic potters
introduced in the development of the pottery production.
The shapes are mainly open forms and in different
sizes: the bowls have mostly flaring sides and smooth
rim on a disc-foot or, more rarely, a foot-ring.
Beginning with the earliest production, it has been
possible to distinguish among precise pottery types, as
characterized by both the applied colours and the
decorative repertoire, which rather than being attributed
to only one place of origin, turned out to come from
different and even distant centres of production. Among
Ayyubidi (1171-1250). Fino ad allora i ceramisti
persiani si sono contentati di imitare il repertorio
decorativo dei prodotti iracheni, come illustrano, per
esempio, la coppa con cervide del MNAO di Roma
(Scerrato 1968: 32, 33, n. 182), la coppa con la figura
di Zahhak, mitico personaggio iranico, dell’IMA di
Parigi (Moulierac 1999: 99), nonché la piccola coppa
MO86. Su quest’ultima è dipinto un uccello fantastico
con un tralcio pendente dal becco, circondato da un
bordo festonato, elemento quest’ultimo ricorrente e
caratterizzante dei lustri mesopotamici.
Ceramica dipinta su ingobbio sotto vetrina trasparente
Territori iranici orientali; X-XI secolo.
I tentativi di trattenere le sbavature dei colori, effetto
della fluidificazione del piombo in cottura, sono stati
portati al successo dall’inventiva dei ceramisti persiani
operanti nelle province nord-orientali dei territori
iranici tra la fine del IX e il X secolo, a quel tempo
sotto la dinastia dei Samanidi. Mescolando le sostanze
coloranti alle argille finissime che componevano gli
ingobbi coprenti si impediva al piombo di trascinare i
colori durante la vetrificazione e si ottenevano ornati
dai contorni ben definiti. Questa tecnica, definita in
letteratura
slip painted
, si può considerare una delle
innovazioni più interessanti – accanto a quella del
lustro metallico – che i ceramisti musulmani abbiano
portato allo sviluppo dell’arte fittile in senso assoluto.
Le forme sono soprattutto aperte e di varia dimensione:
le coppe hanno pareti di preferenza oblique e orlo liscio
su piede a disco o, più raramente, ad anello.
Fin dalla prima produzione è stato possibile
distinguere precisi gruppi di ceramiche, caratterizzati
sia per i colori impiegati sia per il repertorio decorativo,
i quali non sono ascrivibili a un solo luogo di origine
ma sono risultati provenire da centri di produzione
differenti e anche distanti tra loro. Tra questi Nishapur