Museo Orientale ‘Umberto Scerrato’
person singular (
haḏā mā yašhadu/tašhadu bi-hi
, ‘this
is what testifies’ [MO180, MO182, MO183], or, more
simply,
šahida
, ‘has testified’ [MO179]); a second part,
of variable length, immediately follows the name,
repeats the verb (
yašhadu/tašhadu ‘
testifies’) and
contains the profession of faith in God – the One and
without associates – and in his servant and prophet (
lā
ila illà Allāh waḥda-hu la šarīk la-hu wa Muḥammad
‘abdu-hu wa rasūlu-hu
),
27
accompanied by excerpts of
Koranic verses
28
and/or brief eschatological concepts, in
most cases explicitly inspired by the Koran. Among the
most frequently used there are the absolute truths
(
ḥaqq
), like death (
al-mawt
) and resurrection (
al-ba‘ṯ
),
heaven (
al-janna
) and hell (
al-nār
). The profession of
faith can be ended by the expression ‘and testifying to
that he lived, died, and will live again, if God wants it’.
29
The name of the dead
. The steles in the Museum are
dedicated to male personages who died in their adult
age, the only exception being itemMO181, which was
carved for a woman of Azdite Arab origin, the mother
of a high rank commander,
30
whose irreproachable
conduct is pointed out in words that do not seem to be
commonly used in the Egyptian funerary epigraphy of
the time: ‘she died pure, uncontaminated by dishonour
or guilt, innocent. The quill did not record fault nor
error for her’.
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No special praise is given to the six
deceased; they bear no titles and are remembered only
with their name, which is introduced by the
kunya
(MO177 and MO179)
32
and followed by the genealogy
(which is present on all items, with the sole exception
of M0182)
33
and by the
nisba
which completes the
onomastic sequence. The latter is remembered only for
three personages and reveals their geographical origin
(MO180:
al-Kūfī
, coming from the city of Kufa, Iraq),
their tribe (MO177:
al-Qurašī
, the Qurayshite),
34
and
the profession (MO178:
al-zayyāt
, the oil seller).
contiene il verbo alla terza persona singolare (
haḏā mā
yašhadu/tašhadu bi-hi
, ‘questo è quanto testimonia’
[MO180, MO182, MO183], oppure, più semplicemente,
šahida
, ‘ha testimoniato’ [MO179]); una seconda parte –
di lunghezza variabile – fa immediatamente seguito al
nome, ripete il verbo (
yašhadu/tašhadu
‘testimonia’) e
contiene l’affermazione della fede in Dio – unico e senza
associati – e nel suo servitore e profeta (
lā ila illà Allāh
waḥda-hu la šarīk la-hu wa Muḥammad ‘abdu-hu wa
rasūlu-hu
),
27
accompagnata da parti di versetti coranici
28
e/o da brevi concetti escatologici, quasi sempre di chiara
ispirazione coranica. Tra i più frequenti figurano le verità
assolute (
ḥaqq
), quali la morte (
al-mawt
) e la
resurrezione (
al-ba‘ṯ
), il paradiso (
al-janna
) e l’inferno
(
al-nār
). La testimonianza di fede può terminare con
l’espressione ‘e attestando ciò egli visse, morì e
resusciterà vivo, se Dio lo vuole.
29
Il nome del defunto
. Le stele del Museo sono dedicate
a personaggi maschili deceduti in età adulta, tranne la
MO181, scolpita per una donna di origine araba azdita,
madre di un comandante di alto rango,
30
della quale,
attraverso formule che non sembrano frequenti
nell’epigrafia funeraria egiziana di quest’epoca, è messa
in evidenza la condotta irreprensibile: ‘è morta pura,
incontaminata da disonore e colpe, innocente. Il calamo
non ha segnato per lei né colpa né errore’.
31
Dei sei
defunti non si tessono invece particolari lodi; essi non
recano titoli e sono semplicemente ricordati con il nome
proprio, preceduto dalla
kunya
(MO177 e MO179)
32
e
seguito dalla genealogia (presente in tutti i casi tranne
che sulla MO182)
33
e dalla
nisba
che chiude la sequenza
onomastica. Quest’ultima è ricordata solo per tre
personaggi di cui rivela, rispettivamente, la provenienza
geografica (MO180:
al-Kūfī
, originario della città di
Kufa, in Iraq), l’appartenenza a una tribù (MO177:
al-
Qurašī
, il qurayshita),
34
il mestiere (MO178:
al-zayyāt
,
il venditore di olio).
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