G
IOVANNA
V
ENTRONE
V
ASSALLO
Ceramica islamica / Islamic Pottery
181
Each of the examples features a
zoomorphic motif against a vine-
scrolls background: an eagle with
spread wings in heraldic position
(MO174) and five quadrupeds,
most probably two lions (MO175,
MO176), two goats (MO171,
MO173), and a long-horned deer
(MO172) with a half-palmette
hanging from the mouth. The body
of both the lions and the deer is
crossed by a garish dotted stripe.
Underestimated for a long time
because of their unusual shape,
this kind of lids can be found with
the same technical and figurative
characteristics in the de Unger
(Grube 1976: nos. 66, 67) and
Ghirshman (Moulierac 1999: 22,
23) collections; in both cases they
are attributed to Iraq or Iran in a
time span comprised between the
10th and the 12th century. Beyond
their quite unusual shape, the interest for these small ‘tools’
mainly lies in their decoration which shows clear references
to the iconography of pre-Islamic cultures, such as the
Byzantine (the heraldic eagle) and, above all, the Iranian one
(the dotted stripes on the quadrupeds’ bodies), on whose
highly refined repertoire, rich in Sasanian reminiscences,
Islam has drawn ever since the first centuries.
Lead-glazed wares
Among the Islamic potters’ great merits is the
revaluation of the glazing technique which, even
though it was well-known since ancient times, had
fallen into disuse during the first centuries of the
Middle Ages. Glazing made pottery vessels both
waterproof and shiny, thanks to the employment of
lead oxide which vitrified during firing and achieved
the desired aesthetic and practical effects.
Su ciascuno dei sei esempi si
staglia un motivo zoomorfo su un
fondo di tralci: un’aquila ad ali
spiegate in posizione araldica
(MO174) e cinque quadrupedi,
verosimilmente due leoni (MO175,
MO176), due capridi (MO171,
MO173) e un cervide dalle lunghe
corna (MO172) con una semi-
palmetta pendente dalla bocca. Il
corpo dei due leoni e quello del
cervide è attraversato da una vistosa
fascia puntinata.
A lungo misconosciuti per la loro
forma inconsueta questi coperchi sono
presenti con le stesse caratteristiche
tecniche e figurative nella collezione
de Unger (Grube 1976: nn. 66, 67) e
in quella di Ghirshman (Moulierac
1999: 22, 23); in entrambi i casi sono
attribuiti all’Iraq o all’Iran in un arco
di tempo compreso tra il X e il XII
secolo. L’interesse per questi piccoli
‘strumenti’ risiede, oltre che nella loro forma alquanto
inconsueta, anche e soprattutto nella loro decorazione dove
sono evidenti i riferimenti all’iconografia di culture
preislamiche, come quella bizantina (l’aquila araldica) e,
soprattutto, quella iranica (le fasce puntinate sui corpi dei
quadrupedi), al cui repertorio aulico, ricco di reminiscenze
sasanidi, l’Islam ha attinto fin dai primi secoli.
Ceramica con rivestimento vetroso al piombo
Tra i grandi meriti dei ceramisti musulmani è la
rivalutazione della tecnica dell’invetriatura che, per
quanto già nota fin dal mondo antico, nei primi secoli
medievali era caduta in disuso. Essa rendeva
impermeabile e allo stesso tempo lucente la superficie
del corpo ceramico, grazie all’impiego dell’ossido di
piombo che, in cottura, vetrificava ottenendo gli effetti
pratici ed estetici desiderati.
Fig. 1. Brocca e coperchi / Ewer and lids (
Terres
secrètes
, 1992).