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Museo Orientale ‘Umberto Scerrato’
Unglazed wares or common wares
Brought to public appreciation by archeological
excavations, common pottery is mostly constituted by
objects to be used on fire – like ‘kitchenwares’,
generally undecorated – or to carry and store foodstuffs,
both solid and liquid. While with regard to the latter,
the vessels’ permeability was necessary to grant
transpiration and freshness, vessels for solid materials
may be covered inside with vitreous glazing for better
preservation.
Nomadic life, which characterized at least for the
first centuries the culture of Muslim people, and the
climate of most Islamic provinces gave a huge
stimulus to the production of the so called ‘water
pottery’, a category for which potters experimented
with innovative techniques and shapes, which they
also enriched with different types of ornamentations.
As for the wheel-thrown pottery, among the closed
forms of medium size particularly worth-mentioning
are the many jugs, bottles and objects of different kinds
with really thin walls, and called, exactly for this reason,
‘egg-shell’, which characterize the Islamic potters’
production. A considerable number of thicker objects,
mainly closed shapes, has been then realized using
moulds, generally two, as in the case of vase MO76.
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The most common decorative techniques for
unglazed ware include, first of all, the engraving –
which is made using tools of different sharpness to
produce a deeper or rather shallow drawing –, the
impression of moulded designs through moulds or
seals, the application of small decorative elements
using liquid clay (
à la barbotine
) and the openwork,
mainly used to obtain jug strainers. The latter can also
be highly detailed, such as those of the 11th-13th
century (Oliver 1935-40) several testimonies of
which are in the International Museum of Pottery in
Faenza.
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Ceramica priva di rivestimento o d’uso comune
Messa in valore dagli scavi archeologici la ceramica
d’uso comune è per la maggior parte costituita da
oggetti adatti ad andare sul fuoco – come la ‘ceramica
da cucina’ generalmente senza decorazione –, o a
trasportare e conservare derrate alimentari, solide o
liquide. Se i recipienti di queste ultime devono
garantire con la loro permeabilità la traspirazione e la
freschezza, quelli per materiali solidi possono avere
in alcuni casi un rivestimento vetroso all’interno che
consenta meglio la conservazione degli stessi.
La vita nomade che ha caratterizzato almeno nei primi
secoli la cultura delle popolazioni musulmane e le
condizioni climatiche della maggior parte delle province
islamiche hanno dato un impulso enorme alla cosiddetta
‘ceramica d’acqua’, categoria per la quale i ceramisti
hanno sperimentato tecniche e forme innovative che
hanno anche saputo arricchire con ornati di vario tipo.
Tra le ceramiche eseguite al tornio una menzione
irrinunciabile meritano, tra le forme chiuse di dimensioni
medie, le numerose brocche, bottiglie e contenitori vari
con pareti sottilissime definiti per l’appunto ‘guscio
d’uovo’, che sono tra i prodotti caratteristici dei ceramisti
musulmani. Un notevole numero di oggetti di maggior
spessore, soprattutto forme chiuse, è stato poi ottenuto
con l’utilizzo di matrici, generalmente due, come nel caso
del vaso MO76.
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Le tecniche decorative più ricorrenti della ceramica
non invetriata, sono innanzitutto l’incisione – con
l’utilizzo di strumenti di diverso spessore per dare un
risalto più o meno profondo al disegno –, l’impressione
a stampo mediante matrici o sigilli, l’applicazione di
piccoli elementi decorativi mediante argilla liquida (
à
la barbotine
) e il traforo, utilizzato soprattutto per
ottenere filtri di brocche. Questi ultimi possono essere
anche molto elaborati, come per esempio quelli dei
secoli XI-XIII (Oliver 1935-40) dei quali esistono
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