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Museo Orientale ‘Umberto Scerrato’
linguistic and religious unity Islam assured, could move
from one province to another of the caliphate; moreover,
the potter’s signature, occasionally accompanied by the
date, can be found only on certain classes of items and
with limitations as to the period and regions of
production (for example the Kashan lustres of the 13th
and 14th century, see below).
Therefore, far from having answered all the questions
concerning the origin and the dating of some categories
of the Islamic pottery, over the last thirty years modern
technologies have been employed to establish at least
the nature of the components both of the vessels and of
the glazing, mainly in order to get to an increasingly
less approximate knowledge of a production which is to
be considered today not just as artistically valid, but also
as an essential element in any deep investigation of the
various material cultures of the Islamic world.
Archaeometrical analysis being long awaited but still
missing, the tactile approach to the examination of
pottery has been over the years, and still is today, one of
the cognitive methods deployed for the morphological
identification and for the identification, although
approximate, of the glaze as well, while the description
of the stiffness and colour of the clay is only possible on
fragments or when the item shows fractures.
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Therefore, in order to provide a tangible, albeit not
exhaustive, knowledge of at least a consistent part of that
pottery production which constitutes one of the
complementary and necessary disciplines to archeology,
at the beginning of the 1970s, Umberto Scerrato, at that
time Head of the then Seminario di Archeologia
Orientale and Professor of Archaeology and History of
Islamic Art in this university, asked and obtained to
enrich the holdings of the specialized library with a
considerable number of exemplars – ninety to be precise
– of Islamic pottery. The antiquities market supply of
the time allowed the purchase of pottery items which,
un’altra del califfato, agevolati dall’unità linguistica e
religiosa che l’Islam garantiva; a ciò va aggiunto che
il ceramista soltanto per alcune classi, in periodi e in
regioni ben precisi (come, per esempio, i lustri di
Kashan dei secoli XIII e XIV; v.
infra
), ha lasciato sul
suo prodotto la propria firma, talvolta accompagnata
dalla data.
Lungi quindi dall’aver risolto tutti i dubbi sul luogo
di origine e sulla datazione di alcune categorie della
ceramica islamica, in questi ultimi trenta anni si è fatto
ricorso a moderne tecnologie per determinare almeno
la natura dei componenti sia del corpo figulino che dei
rivestimenti e ciò soprattutto al fine di giungere a una
conoscenza sempre meno approssimata di un prodotto
che non va più considerato solo come artisticamente
valido, ma anche come strumento indispensabile ad
approfondire le variegate culture materiali del mondo
islamico.
In assenza e in attesa di esami di laboratorio l’approccio
tattile del materiale ceramico è stato per anni, e ancora
continua a essere, uno degli strumenti conoscitivi per
l’identificazione morfologica e, sia pure con qualche
approssimazione, per l’individuazione del tipo di
rivestimento; la descrizione della consistenza e del colore
dell’argilla è possibile invece solo su frammenti o in
presenza di fratture dell’oggetto.
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Nell’ottica quindi di fornire una conoscenza concreta,
se non di tutto, almeno di una parte consistente di quella
produzione ceramica che costituisce una delle discipline
complementari e indispensabili all’archeologia, agli
inizi degli anni ’70 del Novecento, Umberto Scerrato,
Direttore dell’allora Seminario di Archeologia Orientale
e titolare della cattedra di Archeologia e Storia dell’arte
musulmana presso questo Ateneo, chiese e ottenne di
arricchire il patrimonio della biblioteca specialistica con
un notevole numero – novanta per l’esattezza – di
esemplari di ceramica islamica. La disponibilità del