Islamic Pottery
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IOVANNA
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ENTRONE
V
ASSALLO
Beginning with the Abbasid caliphate in mid-8th
century, pottery represents one of the most interesting
expressions in the figurative arts of Islam, not only for
its aesthetic value but mainly for its technical quality;
in fact, while with regard to the former it displays a
rich and innovative repertoire of the culture it belongs
to, with regard to the latter it has resumed, and
improved some ancient techniques that had been
discontinued, while also experimenting with brand
new ones in which it achieved previously unmatched
quality levels (Allan 1991).
Appreciated and collected by connoisseurs since the
end of the 19th century, beginning with the 20th
century it has made its way into exhibitions, like the
one held in Paris in 1903. Yet, for a long time, it was
catalogued according to principles of style established
in reference to exemplars of excellent craftsmanship,
both aesthetically and morphologically, but whose
dating and origin were however often approximate.
A new stimulus toward the knowledge of Muslim
potters’ activity came from archeological researches
which, though slowly and with long breaks, since the
first quarter of the 1900s (see, in the West, the
excavations of Madina al Zahra’ in 1910, and in the
East, those of Samarra in 1911, to mention only the
first ones)
1
have allowed to correctly date structures
and materials; research continues, still nowadays from
Uzbekistan to Spain, compatibly with contingent
social and political difficulties.
Nevertheless establishing the exact provenance and the
specific dating of some of these pottery types can still be
difficult also because of the extreme mobility of the
potters who, in order to escape from dangerous events,
such as invasions or persecutions, and thanks to the
Ceramica islamica
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IOVANNA
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ENTRONE
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ASSALLO
Tra le arti figurative dell’Islam la ceramica rappresenta,
fin dall’esordio del califfato abbaside nella metà dell’VIII
secolo, una delle espressioni più interessanti per la sua
valenza non soltanto estetica ma anche e soprattutto
tecnica: infatti se nella prima espone un repertorio ricco
e innovativo della cultura di appartenenza, nella seconda
ha ripreso, migliorandole, antiche tecniche cadute in
disuso e ne ha sperimentato altre del tutto nuove nelle
quali ha raggiunto livelli di qualità ineguagliati (Allan
1991).
Apprezzata e raccolta dai conoscitori a partire dalla
fine del XIX secolo ha trovato la sua vetrina fin dagli
inizi del XX secolo in Mostre come quella di Parigi del
1903 ma è rimasta per lungo tempo catalogata per classi
stilistiche facenti capo a esemplari di pregevole fattura
sia estetica che morfologica, ma dei quali la datazione
e la provenienza erano assai spesso approssimative.
Un nuovo impulso alla conoscenza dell’attività dei
ceramisti musulmani è venuto dalle indagini
archeologiche che, sia pur lentamente e con ampie
interruzioni, a partire dal primo quarto del ‘900 (v., a
ovest, gli scavi di Madina al-Zahra’ del 1910 e, a est,
quelli di Samarra del 1911, per per non citare che i
primi),
1
hanno permesso di meglio collocare
cronologicamente strutture e materiali e, ancora oggi,
compatibilmente con le difficoltà sociali e politiche
contingenti, continuano le ricerche dall’Uzbekistan
alla Spagna.
Permangono tuttavia difficoltà a determinare il
luogo di origine e la precisa datazione di alcune
categorie di questa ceramica e ciò anche in
conseguenza dell’estrema mobilità degli artigiani che,
per fuggire da eventi pericolosi, come invasioni o
persecuzioni, potevano trasferirsi da una provincia a
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