7
Tra i confronti prossimi ai nostri esemplari ricordiamo quelli del
Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma (Scerrato 1968: 16,
17), della collezione Khalili (
Arts de l’Islam
2009: 46, n. 5) e
dell’Institut du Monde Arabe di Parigi (Moulierac 1999: 98).
8
Dal momento che su alcune coppe sono dipinti uccelli del tutto
simili tra loro si è anche pensato che essi rappresentino la ‘firma’
dell’officina in luogo del nome dell’autore. Quest’ultimo invero
ricorre alcune volte al margine dell’iscrizione ma in un discreto
numero di coppe esso è ben leggibile e accuratamente eseguito nel
centro dell’oggetto: è questo, forse, il caso del nome
Aḥmad
che
si ritrova sempre eseguito con la stessa grafia su alcuni esempi
anche di pregevole fattura (MNAO di Roma, inv. n. 5743;
Ventrone 1974: 224, fig. 2; in una grafia cufica con richiami
ornitomorfi, v. Gouchani 1986: nn. 44, 81, 90; per una grafia più
corsiva v.
Id.
: nn. 40, 65, 98, 99, 104).
9
Segnaliamo in Italia soprattutto la coppa del Museo Civico di
Torino (Scavizzi 1966: n. 5) e una coppa della collezione Balboni
di Venezia (
Eredità dell’Islam
1993: n. 18).
10
Reminiscenze epigrafiche sono molto frequenti ed è
interessante menzionare che una decorazione del genere, dipinta
in bruno su fondo chiaro con alonature gialle su una coppetta
ritrovata sempre a Nishapur, è stata interpretata dal Wilkinson
come ‘l’ultima degenerazione del vocabolo
al-baraka
’ (1973:
107, 125, n. 73).
11
Più di rado le stesse lettere disposte in sequenza costituiscono
l’unico elemento della decorazione formando una banda continua
intorno alla parete della coppa (MNAO inv. n. 1095).
12
Conosciuta in letteratura con questo nome, si compone di vari
elementi combinati tra loro secondo percentuali ben precise (Lane
1947: 32; Soustiel, Allan 1993). È possibile che i componenti non
siano sempre precisamente gli stessi né in eguale proporzione e,
pertanto, fino a un riscontro su base scientifica, si preferisce
parlare solo di un impasto artificiale per distinguerlo dall’argilla.
13
Al MNAO di Roma sono esposti alcuni pregevoli esempi di
questa ceramica con decorazione a stampo tra i quali di particolare
interesse è una brocca ansata (inv. n. 5142) sulla quale è raffigurata
una scena di danza (Ventrone 1971).
14
Altri esempi del genere sono nella collezione al-Sabah del
Kuwait (
Arte Islam
1994: n. 27), all’Ashmolean Museum di
Oxford (Fehérvári 1985: 120-21) e nella collezione Barlow
(Fehérvári 1973: n. 57).
15
Questa ceramica è nota localmente anche con il nome di
haft
rangi
ovvero sette colori, per il fatto che la paletta si arricchisce di
tonalità nuove come il rosso pompeiano, un grigio/viola e un
7
Among the comparative samples close to our exemplars we
mention here those in the National Museum of Oriental Art in
Rome (Scerrato 1968: 16, 17), in the Khalili collection (
Arts de
l’Islam
2009: 46, no. 5), and in the Institut du Monde Arabe in
Paris (Moulierac 1999: 98).
8
Since painted birds perfectly similar to each other can be found on
several bowls, another hypothesis is that they constitute the
‘signature’ identifying the workshop rather than the potter.
Actually, the latter’s name occasionally occurs in the margin of the
inscription, but on a significant number of bowls it is perfectly
readable and accurately executed in central position: this is
probably the case of the name
Aḥmad,
recurring always in the same
handwriting, even on samples of excellent craftsmanship (MNAO
of Rome, inv. no. 5743; see Ventrone 1974: 224, fig. 2; in Kufic
script with ornithomorphic traits: see Gouchani 1986: nos. 44, 81,
90; for a cursive script, see
Id.
, nos. 40, 65, 98, 99, 104).
9
Particularly noteworthy in Italy is the bowl in the Museo Civico
of Turin (Scavizzi 1966: no. 5) and a bowl in the Balboni
Collection in Venice (
Eredità dell’Islam
1993: no. 18).
10
Epigraphic reminiscences are very common in decorative motifs
and it is interesting to notice how such a decoration, painted in
brown on a pale slip with yellow staining on a small bowl also
coming from Nishapur has been interpreted by Wilkinson as ‘the
last degeneration of the word
al-baraka
’ (1973: 107, 125, no. 73).
11
More rarely the same letters arranged in a sequence constitute
the only element of the decoration, forming a continuous band
running along the side of the bowl (MNAO inv. no. 1095).
12
Known in the literature with this name, it is composed of several
elements combined in specific proportions (Lane 1947: 32;
Soustiel, Allan 1993). It is possible that the components are not
always the same, nor are they always present in the same
proportion and, therefore, until scientific evidence is not provided,
it is preferable to speak simply of artificial paste as to distinguish
it from natural clay.
13
Some valuable exemplars of this type of pottery with mould
decoration are on display at the MNAO of Rome; particularly
interesting among them is a jug with handle (inv. no. 5142)
decorated with a painted scene of dance (Ventrone 1971).
14
Other similar exemplars are in the Sabah collection of Kuwait
(
Arte Islam
1994: no. 27), at the Ashmolean Museum of Oxford
(Fehérvári 1985: 120-21) and in the Barlow collection (Fehérvári
1973: no. 57).
15
Locally this type of pottery is also known as
haft rangi
, that is,
seven colours, since its palette is enriched by new colours, such as
Museo Orientale ‘Umberto Scerrato’
254
1...,244,245,246,247,248,249,250,251,252,253 255,256,257,258,259,260,261,262,263,264,...326