Chinese Porcelain
L
UCIA
C
ATERINA
Chinese porcelain has always been considered a luxury
product, widely appreciated and desired by the foreign
market.
It has been known in the West since very ancient
times. Brought by Arab merchants along the caravan
routes, it was offered as a precious gift to rulers and
influential personages, employed as tableware and as
decorative furniture.
Chinese porcelain has been found even in our
peninsula, with the excavations of Frederick II’s Castle at
Lucera, in Puglia (Whitehouse 1966: 90-93), and also
Marco Polo, on his way back from his journey to China,
brought a white porcelain vase to Venice. We also owe
him the term porcelain itself, which derives from the
name of a white shell, ‘porcella’, that served as currency.
The beauty, brilliance and compactness of the material
made porcelain exceedingly attractive and desirable.
Therefore, repeated attempts were made in the West to
imitate it, though with scarce success. Such endeavours
in fact hardly managed to obtain an artificial compound
with a paste of the same whiteness, though absolutely
lacking in terms of its characterising properties. Even
the most successful attempts – among which the one by
Francesco I de’Medici in Florence in 1575 – inevitably
resulted into something different, and still, the secret of
these compounds was jealously preserved and
consequently lost with the death of the inventor. In fact,
the raw materials the porcelain was composed of
remained unknown, which is why all attempts were
destined to fail, at least until the early 18th century.
Porcelain is composed of kaolin, aluminium silicate,
and a feldspathic rock or
petuntse
, as the Chinese call it.
It initially reached Europe through intermediaries,
direct trades being established only during the 16th
Porcellana cinese
L
UCIA
C
ATERINA
La porcellana cinese ha da sempre rappresentato un
prodotto di pregio, apprezzato e desiderato dal
mercato straniero.
La sua conoscenza in Occidente risale ad epoche
antiche, trasportata attraverso le vie carovaniere da
mercanti arabi, utilizzata come dono prezioso a
regnanti e personaggi influenti, usata come vasellame
da mensa e come oggetto d’arredo.
Anche nella nostra penisola è stata ritrovata porcellana
cinese negli scavi del castello di Federico II a Lucera in
Puglia (Whitehouse 1966: 90-93), come pure Marco
Polo, di ritorno dal suo viaggio in Cina, ha riportato a
Venezia un vaso di porcellana bianca. A lui tra l’altro si
deve il termine porcellana dal nome di una conchiglia
bianca ‘porcella’ che fungeva da moneta.
La bellezza, la lucentezza, la compattezza del materiale
rendeva la porcellana oltremodo attraente e desiderabile.
In Occidente si cercò, perciò, a più riprese di imitarla, ma
con scarso successo. Si riusciva a malapena ad ottenere
un composto artificiale che aveva la bianchezza della
pasta ma che assolutamente mancava delle sue proprietà
caratterizzanti.Anche i tentativi più riusciti, tra cui quello
di Francesco I de’Medici a Firenze nel 1575, riuscivano
ad ottenere qualcosa di diverso il cui segreto, tra l’altro,
si conservava gelosamente e poi si perdeva con la morte
dell’inventore. In realtà, non si era compreso da quali
materie prime fosse composta la porcellana, ragion per
cui tutti i numerosi tentativi furono destinati al fallimento,
almeno fino agli inizi del XVIII secolo.
La porcellana è un composto di caolino, un silicato
di alluminio idrato e di una roccia feldspatica o
petuntse
, come la chiamano i cinesi.
Giunge in Europa inizialmente attraverso intermediari
e solo nel Cinquecento per mezzo di commerci diretti